Chissà se esistono diritti d’autore per gli eredi di Goffredo Mameli: per tutte le volte che grazie alle imprese sportive sta risuonando da metà luglio. Grazie allo sport. Nel giorno in cui il presidente della Repubblica Mattarella ha voluto al Quirinale le medaglie dei Giochi di Tokyo, senza distinzioni tra Olimpiadi e Paralimpiadi, è stato bello sentire dalla massima carica dello Stato e dai massimi dirigenti sportivi un grazie a chi racconta lo sport.
L’invito pervenutomi nella qualità di Presidente dell’Unione Stampa Sportiva Italiana, è stato motivato e condiviso col Consigliere per la Comunicazione della Presidenza, l’apprezzatissimo collega Giovanni Grasso, proprio come rappresentante simbolico dei tanti corrispondenti sportivi da ogni luogo d’Italia, da Pantelleria a Vipiteno, i tanti che raccontano di questi ragazzi che ci hanno fatto gioire, inorgoglire, impazzire di felicità.
L’Ussi a cavallo tra questo e il prossimo anno celebra I suoi 75 anni di storia. E la nostra storia è fatta di grandi firme e straordinarie voci ma anche se non soprattutto di generosi sindacalisti ma ancor più principalmente di appassionati narratori senza barriere tra gli elenchi dell’ordine professionale, particolare non trascurabile ora che come categoria siamo chiamati al voto per scegliere i dirigenti della nostra governance politico-deontologica.
“Signor Presidente, abbiamo restituito il tricolore con le firme dei nostri medagliati sapendo di aver mantenuto l’impegno preso alla partenza, e abbiamo scritto con fierezza pagine storiche”, ha scandito Malagò. Le abbiamo scandite noi dell’informazione sportiva lavorando in condizioni quantomeno particolari in Giappone, aldilà della proverbiale ospitalità dei nipponici.
“Mai avrei pensato che il tg1 aprisse con una vittoria italiana alle Paraolimpiadi, ringrazio tutta la stampa che ha seguito con la medesima attenzione I nostri Giochi, non solo la Rai detentrice dei diritti che ha fatto un gran lavoro e dedica da anni spazi alle nostre attività ma anche I giornali sono stati vicinissimi ai nostril campioni dal cuore grande tra carrozzine, gambe in titanio e quelle che non sono menomnazioni ma ulteriore inimmaginabili elementi di forza”: commovente, e lo ringraziamo di cuore, il presidente del Comitato Italiano Paralimpico Luca Pancalli, dirigente esperto e al passo coi tempi.
E’ poi salita al podio Valentina Vezzali, in rappresentanza del Governo lei che lo sport lo vive da bambina e ben conosce il valore del racconto sportivo di qualità. Ed è lei che si sta spendendo per il ritorno del pubblico in stadi e impianti. E con lei parlammo di comunicazione e racconto dello sport, passando dalla parte contrattualistica a quella operativa. Se il pubblico deve tornare a vivere lo sport, più ch mai chi lo racconta senza inseguire una politica del tutti dentro ma neppure con sbarramenti e dinieghi. E se Draghi comunica che stop smart working col green pass che è obbligatorio da tempo per conferenze stampa e la lentissima, graduale ripresa dello sport in presenza, vuol dire che sotto questo aspetto si può finalmente accelerare.
E allora prendendo spunto dalle magistrali parole di Mattarella, le fiere frasi di Malagò, le commoventi osservazioni di Pancalli, quelle felici e graffianti della Vezzali e in vista della riapertura ci si chiede perchè in particolare il mondo del calcio continui ad osservare un suo protocollo con limitazioni per contatto stampa/protagonisti pre e post gara, limitazioni in impianti laddove I fotografi potrebbero lavorare senza pericolo di assembramento (con la precisa disposizione di non debordare) insomma restituire agli operatori dell’informazione il cui ruolo è stato così giustamente omaggiato e valorizzato il racconto dello sport in presenza. Da parte delle Leghe c’è stata disponiblità massima per riscrivere i Protocolli, e anche nell’area olimpica dal basket al volley attenzione, rispetto, apertura per quanto richiesto dalla voce ufficiale in termini statutari e sindacali della stampa sportiva. Qualche resistenza di troppo si riscontra nei club, colpa forse di una lentezza nella catena di comunicazione degli accordi, ma anche ad una ancora prevalente voglia di “sfruttare” la pandemia per avere meno disponibilità a quella che non è una richiesta ma un dovere da assolvere: tornare a far raccontare lo sport in presenza ai giornalisti. Anche le storie di quelle medaglie Olimpiche, dalle Alpi alle isole, con penne e microfoni di corrispondenti e informatori, legittimamente chiedono questo.
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