Strano, conoscendolo. Ma anche normale, conoscendolo. Quando è stato chiamato al podio per commentare la sua schiacciante vittoria contro l’uscente Marcello Nicchi, il nuovo presidente dell’Associazione Italiana Arbitri ha fermato l’applauso continuo, martellante: basta non esageriamo ha scandito Alfredo Trentalange. In effetti, il programma lo aveva già illustrato. E sarebbe stato indelicato ringraziare Nicchi per quanto ha dato a lui come collega, e all’Aia in anni di grandi trasformazioni, seppellendolo sotto gli applausi per lui: il vincitore. Fino alla immediata vigilia, si parlava di un appassionante equilibrio ma mentre si succedevano gli interventi il lavoro di semina di Trentalange è parso col passare dei minuti ( alla fine 6 ore e 50 di lavori) sempre più vincente. Quando poi Aureliano di Bologna ha di fatto agganciato regioni come Calabria e più apertamente Lombardia, Sicilia si è capito che i giochi erano fatti. Al punto che è parso a tratti iroso l’intervento del vice presidente nicchiano Narciso Pisacreta, che a dispetto del nome è persona che lavora nell’ombra con serietà e rettitudine ma ha iniziato a parlare di soldi, polemizzando con Baglioni del listino-Trentalange in un clima incandescente. 60% Trentalange da Torino, meno del 40% per Nicchi da Arezzo. Due schede bianche su 320 ammesse all’urna. Lo chiamano padre Alfredfo d sempre, da prima che esordisse in serie A nel 1989 in un Napoli-Pisa con Maradona. Insegna religione al liceo delle Salesiane a Torino, ha fondato associazioni di volontariato, da sempre impegnato nel sociale. La sua flemma, unita alla cordialità ridotta all’essenziale, lo ha sempre caratterizzato anche nei ritiri a Sportilia con la Casarin’s: il vulcanico designatore, uomo della svolta in termini arbitrali, un autentico rivoluzionario trasformando l’oscuro direttore di gara che prendeva borsa fischietto e tuta nera in quella figura che avrebbe poi portato al professionismo arbitrale, miscelava la sua verve e personalità con un filotto di arbitri di assoluto livello: Collina, Braschi, Pairetto, Boggi, Fucci, Cesari, Amendolia, e tanti altri compreso Trentalange. Padre Alfredo è sbucato al massimo scranno della nomenclatura Aia diciamo alla Mattarella. Da quando lasciò il campo attivo nel 2003, dismesso per limiti d’età, ha infittito l’attività di relazioni arbitrando all’estero, facendo parte delle commissioni più importanti (compreso quella che a Rio de Janeiro portò Nicola Rizzoli a dirigere la finale Germania-Argentina) gestendo senza un solo clamore la Scuola Arbitrale, prima di lasciarla per lanciare definitivamente e in maniera strutturata la sfida a Nicchi, che ha tentato la strada del quarto mandato mentre Trentalange nel suo programma ha detto che il Presidente non può svolgere il ruolo per più di due mandati. Ma tutto è modificabile. Condivisione, Trasparenza, innovazione, progettualità, appartenenza: questi i 5 punti del programma che Trentalange ha elaborato parlando in decine ore di videoconferenza coi presidenti delle sezioni, schierati e non. Nel primo saluto da neo-presidente ha voluto indicare la strada dell’unione di intenti e di non vincitori e vinti per celebrare non solo nel nuovo logo l’anima dell’Aia, avviatasi al centenario. Riavvolgendo il microfilm della campagna elettorale, si ha una netta impressione che l’uso dei social, la tempestività nel far conoscere agli arbitri il voto dell’Organo Tecnico e la rivisitazione quasi immediata degli episodi clou saranno fattori caratterizzanti. Il sito di Trentalange per presentare la sua idea, la sua squadra un NOI sempre prevalente sull’IO è stato cliccatissimo. Oggi abbiamo arbitri fisicamente prestanti, altro che le scorciatoie di Menicucci un tempo e della buonanima di Amendolia negli anni ’80, ma confusi da 6 auricolari, Var che diventano opinioni più che certezze, ma meno “intenditori” di calcio. Trentalange ha dalla sua ogni tipo di esperienza, non vlendo con dire questo che della gestione-Nicchi tutto va spazzato via. Tutt’altro: l’Italia con Nicchi presidente è stata coraggiosamente all’avanguardia nell’andare incontro al nuovo calcio show ma ad un certo punto è mancata l’energia. Ed era necessaria una scossa per tornare ad arbitri “normali”, in questo calcio squilibrato.
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