Palazzi avvelenati, quale ruolo per il Napoli? Miccichè stretto tra Lotito e Cellino oggi calda assemblea Lega A

Il calcio italiano arranca perché è mal governato. Ci sentiamo grandi per l’albo d’oro, perché stiamo incollati alla tv ma il nostro massimo campionato solo ora dopo anni rivive un serio duello al vertice ma in terreno continentale continua a stare dalla parte dei vinti. In serie B l’andazzo è di dignitosa presenza e non cervellotica amministrazione. Niente colpi di genio ma neppure cadute di stile, campagne sociali pertinenti, partite sufficientemente avvincenti, club che onorano la categoria tra stipendi pagati e poche inadempienze.
La serie C è un autentico carrozzone in cui vale solo l’immagine: l’ultima è una visita di capi della federcalcio maltese (a La Valletta e dintorni sono stabilite le più grandi agenzie di scommesse internazionali con legami planetari più che squadroni che fanno tremare il Commonwealth) mentre pronti via ed ecco vicende che è sbagliato definire assurde ma conoscendo i personaggi coinvolti assolutamente prevedibili a partire da quella del Rieti. I risultati della C altalenanti, confermano le difficoltà di molte società e lo stato confusionale dei calciatori che temono di non arrivare a fine stagione coi pagamenti in regola. Più Convention che controlli. La Lega Nazionale Dilettanti ha numeri e un bilancio chiuso in attivo e pensa sia sufficiente per un ruolo preminente al di là dei numeri espressi come voti assembleari.
La Figc si ritrova tra le mani la bollentissima patata della Lega di serie A in pieno trambusto. Oggi c’è consiglio a Milano in cui si dovranno accettare o respingere le dimissioni di Gaetano Miccichè da Presidente. Ma cosa è successo? Sembrava tutto ok ma qualcosa è andato storto al punto che pure un navigato manager come il siciliano ha salutato tutti in gran fretta. Il mosaico Palazzi del Calcio è una serie di mattonelle di vario colore messe come pezze. E’ una storia, questa della Lega, che ha radici nel passato. Neppure lontanissimo. Il Procuratore Federale magistrato Giovanni Pecoraro, che forze del Palazzo avevano apertamente messo all’indice, è rimasto al suo posto. Ha ascoltato il Presidente del Genoa Enrico Preziosi che gli avrà probabilmente detto che quando si votò per Miccichè ci fu un errore nel non procedere alla lettura della schede e ritenere la cosa fatta per acclamazione pur avendo i presidenti votato dopo che fu respinta la proposta del presidente del Coni Malagò, allora a capo dell’assemblea, di dire tutto ok finalmente dopo tanto penare. Ma lo Statuto prevede il voto segreto e si andò a schede e urne. Malagò insistette: chiudiamo le schede nella scatola, conserviamole ma applaudiamo Miccichè nuovo Presidente. E così andò. Ma non poteva esserci acclamazione se come sembra Preziosi ha dichiarato alla Procura di aver votato scheda bianca.
Ora la situazione è di fuoco col presidente predone del calcio Lotito, quello che al fianco di Tavecchio stava a centrocampo in maglietta Italia, che agita le acque per arrivare al soglio della Lega. Intanto Massimo Cellino, patron del Brescia, ha scritto una lettera a tutti i presidenti invitandoli a ripensarci e lasciando lo spazio coi puntini dopo il nome della società per fare stop e go back.
Chissà come finirà. Ma da troppi anni il calcio italiano va avanti tra arsenico e vecchi dispetti: ricorderete il blitz di Malagò quando Tommasi da incursore portò al commissariamento dell’ex segretario generale del Coni Roberto Fabbricini; si sa di un accordo mai dichiarato di staffetta Gravina-Sibilia per la Figc che non sembra destinato al quieto passaggio di consegne. Le occasioni di cerimonia grazie anche alla felice coincidenza con gli anniversari si sprecano, dai 120 anni Figc ai 60 di Lega C e LND. Bene si fa a celebrare, soprattutto quando si portano alla ribalta le storie di uomini e società che si impegnano non sotto i riflettori per grandi valori sociali. Ma tutte le componenti, tutte, hanno il dovere di pensare al calcio dei padri storici che hanno saputo dare basi solide e logiche al movimento, ai bambini che sotto acqua e vento e in qualche caso neve si allenano per essere puntuali nel week end con le loro magliette candide di purezza interiore sperando nel selfie finale, quella bella immagine che accomuna il Flamengo (a proposito, Gabigol mostruoso con saluti all’Inter) al Real Madrid, il Bayern Monaco alla ASD senza fama ma con fame di veri valori.

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