Per rendere bene l’idea va tutto bene: andare alla Oktober Fest con la birra portata dall’Italia, preparare il bagaglio per l’Antartide mettendo in valigia costume e havajanas eccetera. Napoli incapace di sfruttare l’occasionissima, e cioè i pareggi di Juventus e Inter nel sabato del villaggio della speranza. Cambiando formazione, Ancelotti se la deve prendere con il palo che ha detto no a Fabian Ruiz, a Llorente che nella specialità della ditta non è arrivato a superare del centimetro necessario la palla per la battuta aerea in fase ascensionale anzichè già in atterraggio. Ma sono dettagli. La sostanza è che finora ci sono due verità: si passa dalla voglia di “essere gruppo” come a Salisburgo, con le convincenti e belle manifestazioni di gioia e di unità, alla “rimasticatura” di Ferrara con fasi apprezzabili ma nulla da grande squadra, da grandissimna squadra. Ancelotti lo sa ma ha il dover di precisare che tutto fa parte del gioco senza però essere del tutto convincente. Il Napoli ha pattinato al “Mazza” senza entusiasmare. I tifosi si chiedono perchè di tanti cambi e tanti esperimenti, o almeno che tali sembrano. In estate l’eccellente Callejon fu provato metodista, con apprezzabili risultati. Mai s’era visto Elmas, che ha sempre giocato in linea a centrocampo nel Napoli, fare il vice Callejon esterno. Se esperimento è stato, non ha fornito dati brillanti. Ancelotti ragiona come il pilota di formula 1 che gestisce la macchina contando gocce d’olio e benzina. L’opinione personale è che lui vuole arrivare con una rosa nella sua interezza in condizione al 90% tra metà gennaio e metà maggio, insomma per lo sprint che si chiama in gergo volata di primavera.
Ci sono però varie e non eventuali a rendere problematico il lavoro oggi, anche nel Napoli. Su tutto il calciomercato no stop. L’esempio più classico è un atleta simbolo per serietà e rigore: Koulibaly. Non sta giocando bene dal primo turno, e nulla c’entra la sciagurata autorete contro la Juventus. Poi Mertens e Callejon, di cui si sa la volontà (restare a Napoli) e le avances di club cinesi. Oggi una squadra di calcio è blindata, ma i fattori esterni non sono certo i giornalisti o i tifosi tenuti fuori dal laboratorio a Castelvolturno come a Trigoria o a Milanello. I calciatori sono prede di manager, amici dei manager, assistenti, mediatori, farabutti e chi più ne ha ne metta. Spesso si scoprono anni dopo le pessime frequentazioni sia a Napoli che a Milano, a Roma o altrove. Non c’è differenza in questo. Un tempo il controllo del vecchio segretario, del ds confessore e non controparte, erano mansioni fondamentali e utili. Oggi non si sa bene chi ascolta il calciatore e questo sembra un problema minimo ma è in realtà il più impegnativo. Quasi più del VAR.
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