Al presidente dell’Aia, l’aretino Marcello Nicchi, la curva Fiesole ha dato del mafioso dopo che con slancio ai limiti dell’imprudenza (oltre i limiti per tanti) il massimo rappresentante politico della categoria arbitrale si è dichiarato disgustato a nome di tutti gli arbitri dalle accuse del presidente della Fiorentina dopo il ko casalingo contro la Juventus, laddove per la verità di scandali post non c’è traccia.
Nicchi è uno che ci mette la faccia, sempre. Ma a volte per il ruolo da chioccia che sente di ricoprire dimentica una fondamentale dote che un dirigente deve avere: la diplomazia. Commisso ha fatto da detonatore alla riedizione della sfida tra i due Torquemada della Chiesa arbitrale: Nicchi e Boggi, figli della stessa nidiata arbitrale e da tempo su sponde opposte.
Nicchi è Tomas de torquemada, frate domenicano e priore del convento “Santa Cruz” a Segovia. Nell’ottobre 1483 fra Tomás viene nominato dai Re Cattolici Inquisitore Generale, riorganizzò e centralizzò l’Inquisizione spagnola e istituì processi molto rigorosi nei confronti di quegli ebrei convertiti al cattolicesimo (marranos) e poi dedicò lo stesso rigore, ai processi nei confronti dei musulmani convertiti al cattolicesimo (moriscos) che fossero sospetti di falsa conversione.
Robert Anthony Boggi è l’altro Torquemada, cioè Juan che entrato tra i Domenicani, si affermò come il più insigne teologo del suo tempo e come difensore del principio di autorità pontificia. Nel 1460 istituì a Roma, presso la chiesa conventuale di Santa Maria sopra Minerva, l’arciconfraternita della SS. Annunziata, al fine di provvedere di dote le fanciulle povere. Dopo aver tentato di sbarrare la strada a Nicchi, giorni fa è tornato alla carica parlando di pericolo Calciopoli con soli 20 arbitri sulla scena e ruotabili tra Var e campo. Nicchi ha reagito affidando la querela all’ufficio legale. Ma almeno si è riaperto un po’ di dibattito su questo sacro ruolo dell’arbitro che va analizzato al di là dei problemi di core e di tifo. Tornando al punto centrale, più passano le giornate e più la crescente presenza della macchina potenzia il ruolo decisionale dell’arbitro, che da una fase di imbambolamento con la gran parte dei direttori di gara senza personalità è passato a quello di inattaccabile decisionista senza regole certe. La protesta del Napoli è stata garbata e civile e questo blog non rappresenta sentimenti ma osservazioni e se permettete qualche anno di esperienza e conoscenza del fenomeno che si sintetizza nell’area “politica sportiva”. A Coverciano fervono i lavori nella Palazzina che lo sguardo incrocia appena imboccato il viale in discesa dopo la sbarra del passo carraio laddove, dove s’affacciava la piscina, ci sarà la mega sala di controllo del Var. Tutti i campi collegati, la speranza è che non diventi un poltronificio per ossequianti signori con un passato in Aia ma di competenti e autorevoli consiglieri di chi sul campo spesso fa dell’attesa una snervante prova di impotenza. E quei bambini che mimavano il rettangolo del televisore sugli spalti del San Paolo la dicono tutta.
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