Restano al comando della Figc Gravina e della Nazionale Spalletti. Solo chi non conosce la lunga esperienza di dirigente federale del Presidente e l’orgoglio e l’autostima del ct si è sbizzarrito in previsioni con scenari da bandiera bianca. Il calcio italiano ai massimi livelli fatta eccezione per EEuro 2020 giocato poi nel ’21 è da due edizioni fuori dal mondiale e a Berlino ha reso coriandoli struggenti i ricordi del trionfo nel 2006 con una partita penosa contro gli svizzeri diventanti una riedizione dell’Ungheria di Puskas o del Real Madrid di Di Stefano per non scomodare il Brasile di Pelè, nazionali iconiche e legate al proprio leader.
Si è stata una Caporetto che ha nella bulimia di voler arricchirsi di operatori di mercato e club, e bisogna aggiungere allenatori compiacenti, i veri colpevoli. L’Italia tra l’Under 15 e l’under 19 ha una serie di nazionali capaci di primeggiare in continente, a conferma di una fioritura di talenti nell’età diciamo scolare del calcio. Ma poi per le rose a 35 calciatori questi ragazzi non trovano posto e magari sfioriscono e si avviliscono tra D e serie C mentre viaggiano nei torpedoni dei grandi e piccoli ma comunque importanti club ragazzi che non valgono la metà degli azzurrini capaci di vincere ma che non movimentano percentuali, affari, giro di soldi. La verità sta nella stessa definizione: Commissario Tecnico. In Nazionale non si allena ma si seleziona. Bisogna fare di un principe col vestito di Arlecchino, squadre dai diversi colori, un Re con una sola corona per tutti. Spalletti ha fallito il suo primo obiettivo, pesantemente. Ora dalle parti dell’azzurro Napoli si dice: ringrazia chi ti ha reso celebre. E vincente. Ma è chiaro che non c’era un brocco alla guida della squadra che due anni fa ha vinto lo scudetto in maniera fragorosa e strabiliante. E non è brocco ora, Luciano Spalletti il giorno dopo accartocciato su se stesso come quella giacchetta della divisa ufficiale a metà tra la divisa da camera in convalescenza e un tocco di stravaganza poco made in Italy.
Anche Antonio Conte è stato Ct e in questo gioco che piace ai tifosi nel creare carriere parallele quasi come ai tempi straordinari quando – chi lo ricorda? – Gustavo Thoeni e Ingemar Stenmark si sfidarono uno contro l’altro, paletto dopo paletto, su due percorsi gemelli in contemporanea. Conte ha fatto bene il Ct perchè nonostante la bassa qualità del parco giocatori arrivò ai quarti nell’edizione del 2016 uscendo solo ai calci di rigore contro la Germania ma senza aver incassato reti dopo 30 secondi come è successo contro Albania e Svizzera, di fatto la terza fumatori o quasi del calcio continentale, ma anzi mettendo sotto la Spagna di all’epoca super assi senza alcun dubbio per superiorità fisica, agonistica, mentale e tattica.
Quella Italia non aveva grandi assi ma gente di passo e fatica tipo Giaccherini e de Sciglio, e come questa di Spalletti in attacco Pellè che poi scelse la Cina per un’avventura economicamente esaltante ma era una squadra con grandi leader caratterialmente parlando come Bonucci, Chiellini e Gigi Buffon che ha almeno visto all’opera in questa sciagurata spedizione di Euro 2024 un Donnarumma degno erede. Conte lasciò dopo aver detto a tutti che quella sarebbe stata comunque la sua ultima prova con l’azzurro dell’Italia: il Chelsea gli mise In mano le chiavi di una fuoriserie e andò così tra applausi senza esultanza. Battimani come bandiere di rispetto. Spalletti e Conte, destini incrociati: curiosamente, la speranza è che Conte riesca ad eguagliare il Luciano tricolore e le qualità ci sono tutte. Ciascuno col suo modo di essere.
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