l’autogol di ADL

E’ certo e sarebbe immorale non riconoscere ad Aurelio de Laurentiis la qualità dei risultati raggiunti. Ma è altrettanto obiettivamente innegabile che a questo albo d’oro non corrisponda un sentimento di affetto. La riconoscenza è un’altra cosa: è ammettere che si, conti e titoli sono con la sua gestione. Ma il tributo post scudetto, cercato con presenze a Dimaro come migliore espressione del marketing di famiglia, o le sortite in luoghi pubblici è da attribuire alla smania da smartphone che pervade l’ormai inebetito essere umano. Presidente di qua, presidente di là. Ma anche tanti racconti di poco feeling. Se in tanti chiedono a Corrado Ferlaino raccontami com’era il tuo calcio, raccontami com’era il tuo Napoli e fanno la foto ricordo col secolare presidente del cuore un motivo ci sarà. Dopo lo scudetto, AdL ha incassato l’ennesimo addio di un allenatore andato via senza saluti e baci e la richiesta accorata del ds dei grandi acquisti di poter passare alla Juventus. Cosa che a ombrelloni aperti ha consentito in risposta a juventinità nel cuore del ds risposte tipo a saperlo lo avrei mandato via prima. Con Giuntoli chi scrive mai ha avuto cordialità né scontri sol perché per scelta – forse reciproca – abbiamo fatto il nostro lavoro senza pensare neppure ad un caffè. Salvo poi premiarlo come ds dell’anno a Coverciano lo scorso 29 maggioproprio con Spalletti che aveva messo in giro la voce dell’anno sabbatico per resistere alla tentazione di raccontare. La Juve dei toscanacci Giuntoli e Allegri sembra unica alternativa all’Inter per la caccia ad uno scudetto che il Napoli si è scucito dalle maglie. Peccato di presunzione. Tutto sbagliato, e i timori hanno accompagnato la scelta di Garcia sin dall’annuncio. Bruciata l’esperienza in Italia, ad un certo punto pur presumendo ottimo conto in banca eccolo andare in Arabia Saudita alla guida dell’Al Nassr, il team che ha poi preso CR7. Esonerato. Una vita dorata e spezzata. Ma ecco l’improvviso colpo di AdL: il sergente Garcia per il dopo Spalletti. Mai dialogo tra lui e la squadra, evidente a tutti eppure milione più milione meno ecco la rinuncia al sostituto di qualità e la conferma del sergente con occupazione fisica della casermetta di Castelvolturno da parte del presidente. Il risparmio mai è guadagno insegna un antico adagio. E così si assiste alla demolizione di quel parco giochi che tanto ha fatto divertire. Anche a parole, Garcia è stato spesso infelice: “Osimhen in Arabia Saudita? Ma quelli sono luoghi per chi ormai non ha più stimoli” disse il tecnico francese senza accento. Ma come se proprio lui scelse Riyadh? Confusione era confusione è rimasta, peggiorata da un’invsione di campo presidenziale con successiva delegittimazione di cui chi scrive e parla di calcio da 40 anni non ha memoria. Siccome Garcia è il passato e ADL auspice la sosta gestirà un “nuovo” presente l’augurio è che fedele ad uno dei suoi dogmi (“il calcio non è il cinema”) il presidente torni ad essere chi detta la linea societaria, politica ed economica. Il resto, tocca ad altri. A partire da un ds, Meluso, che salvo rari bisbigli non ha finora avuto modo di dar prova di operatività e capacità. Basta ricordare cos’erano Giuntoli e Spalletti assieme per ricordare che il blocco tecnico è un mondo a parte, perfino geloso delle sue regole. Spazio ai competenti, nel senso a chi competono alcune incombenze e responsabilità. E comunque al riparo da stretti cappelli in testa.

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