Era il 1987, maggio. Nel mese dei fiori spuntò il primo scudetto. Lo ripeteva in ogni intervista Maradona: noi abbiamo regalato felicità ma non è nostro compito rendere normale la sanità, rendere senza fossi le strade, battere la camorra. Lo ha ribadito Spalletti: bello aver regalato felicità. In un giro tra la gente, non mi stanco di ripetere che lo scudetto nulla c’entra col resto. Nei giorni della grande festa si pensò ad ospedali da campo e postazioni di primo intervento manco fosse Sebreniza ma c’erano hotel stracolmi come sempre più di sempre perché è bello vivere una festa così. E nulla accadde. Festa di popolo e di civiltà. Lo ripeto ovunque di fronte ai video social o alle magliette con il tricolore terzo che certificano: i campioni siamo noi. Vero ma il calcio è un’altra cosa. E’ un suo mondo che basa i successi su un’organizzazione societaria che fa dell’impresa il punto cardine per primeggiare. E rendere felici. Come ha detto senza pace la mamma del musicista ragazzo brutalmente giustiziato in Piazza Municipio ci sono due Napoli in questa vicenda. Ci sono due Napoli troppe volte. Se incrociamo la coda di giovani e anche no per alcuni concerti di pseudo eredi di Sinatra restiamo sbalorditi. Non c’è una Napoli migliore dell’altra. Ce ne sono tristemente due. Come possono esserci e ci sono due Parigi, due New York, due Rio de Janeiro ma li lo sanno e lo ammettono mentre l’autocelebrazione partenopea degli ultimi tempi è pericolosa, fuorviante. I genitori di figli adolescenti, in particolare se ben educati, non chiudono occhio fin quando la serratura non scatta e significa che è rientrato o rientrata. Poi la scusa di acqua da bere, per vedere se ok. E’ il destino di vivere a Napoli. La verità è che in particolare i social hanno innescato una pericolosa miccia all’autocelebrazione: un clic ed ecco la città più bella del mondo; un clic che immortala il Vesuvio che subito diventa Sua Maestà. Il pulman del Napoli al rientro da Udine scortato in tangenziale da 300 motorini con guidatori e passeggeri allegri e senza casco. Ma che fa. Questo becero fatalismo è la colpa più grande delle due Napoli. Chiunque capita in un convegno o lo promuove, si bea che colleghi ed ospiti passeggiando sul lungomare esclamino: beati voi. Certo, in 3 giorni tra hotel, taxi, navette, ristoranti con suonatori o immigrati perfettamente in linea col circondario che martellano su tamburi originali cercando di piazzarti l’elefantino portafortuna o il dente di tigre di cosa ti puoi accorgere? Chi ci vive, appena esce da casa entra in guerra. Meglio dire le cose come stanno. Partecipando a numerosi forum e workshop sento da “teste coronate” della politica e dell’ìmpresa “perché non a Napoli la settimana della moda?. Col nostro panorama, altro che Milano”. E allora mentre l’uditorio ammicca e applaude bisogna andare giù duro: Caro dottore, a Milano fuori dall’albergo l’organizzazione mette a disposizione navette e il servizio pubblico taxi presenta un parco auto in cui gli ammortizzatori non sono un optional, l’aria condizionata è sempre accesa, l’autista ben vestito e ha il display con la mappa delle strade con tutte le interruzioni o altre notizie sempre attivo.
Chi tra noi deve andare in stazione, aeroporto o altra destinazione si sente dire in un’auto calda “perché sennò quanta benzina si consuma in attesa di una corsa” che bisogna scegliere: dotto’ salvator rosa, tangenziale o via tasso? Ma che ne so non c’è una cosa che vi dica il traffico, chieda alla radio ribattiamo. “No, non nun è dovere loro”. Dovere, una parola che a Napoli è una bestemmia. Però conviene bearsi e dire che è tutto come in nessun altro posto del mondo. Infatti, perfino sulle note diramate dalle forze dell’ordine si precisa che il 15enne ferito da coltellate all’addome non è comunque in pericolo di vita. Comunque? Come a dire, nessun allarme. Nessun allarme? E allora cari scienziati, letterati, attori, medici, ingegneri, diventati popolari opinionisti parlando di calcio e sparlando magari di chi lo segue per mestiere provate ad essere seriamente impegnati nelle vostre attività per educare le coscienze senza inseguire cialtronesca popolarità. E magari tirate randellate dall’alto del vostro meritato magistero a chi deve garantire condizioni di vita accettabili. Gli stessi che ci dicono beati voi notano se va male risciò o trenini sulle piste ciclabili. Ma che fa, u criatur adda’ pazzia’.
Napoli è città che contiene le stimmate della Cultura con la maiuscola, la Grande Bellezza è nei musei nelle oltre 400 chiese, ovunque ovunque ovunque. Ma possibile non siamo in grado di meritarla ? E anche Garcia pensi al lavoro sapendo che tutto è cambiato nulla c’entra che un solo giocatore sia andato via. Se cambia il manico è tutto.
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